venerdì 30 novembre 2012

Euro si o Euro no? Bugie e verità a confronto (Parte 2)

Sintetizzando il post precedente, si è osservato come i paesi che sono andati in crisi sono quelli che:
  1. Hanno avuto nel periodo di adozione dell'euro una crescita imponente del debito privato, ossia quello delle famiglie e delle imprese; a differenza del debito pubblico che invece è decresciuto.
  2. Oltre alla crescita dei debiti privati è aumentato, nel periodo di tempo sopra indicato, il debito contratto verso l'estero.
  3. Il debito pubblico tra il 1999 e il 2007 ha vissuto momenti tranquilli, è sostanzialmente decresciuto o rimasto in pareggio. E' ripreso a crescere invece quando l'erogazione del credito si è interrotta e le banche sono andate in "sofferenza". Lo Stato si è impietosito ed ha versato nelle casse degli istituti di credito nazionali una ingente quantità di soldi. E il debito pubblico è ripreso a salire.
Un'altra delle tesi sostenute dal Partito Unico dell'Euro è che entrando in Europa tutti i paesi hanno beneficiato della "convergenza"dei tassi di interesse che avrebbe dovuto permettere ai governi di risparmiare spesa per interessi. Con quei soldi si sarebbero potute implementare politiche di sviluppo.
Vediamo cosa raccontano i dati. Cerchiamo di capire se questa è la verità, o una mezza verità che ha perso per strada un pezzo di storia. Non per essere maliziosi, ovviamente.


Questi sono i tassi di interesse dei titoli pubblici dei "maiali"europei. Il Partito Unico dell'Euro ha ragione quando dice che i tassi di interesse si sono appiattiti ed hanno sperimentato la convergenza.
Proviamo però a riflettere attentamente sul post precedente, o sul riepilogo qui in alto. Il problema non è stato di debiti sovrani, ma di debito privato. Proviamo a vedere lo spread, ossia il differenziale di tassi di interesse tra Spagna e la virtuosa Germania.


La linea spessa nera indica la verità, tra poco mezza, della convergenza tra i tassi di interessi governativi spagnoli e alemanni. La linea rossa invece indica lo spread tra i tassi di interesse per l'acquisto di una casa tra Spagna e Alemannia (Germania). Che significa? Semplicemente che il tal istituto di credito che avesse voluto prestare dei soldi a Josè o a Markus per l'acquisto di un immobile, avrebbe goduto di un tasso di interesse maggiore con Josè. Quindi avrebbe guadagnato di più prestando ad uno spagnolo. Essendo in una area monetaria unica, la banca non avrebbe rischiato alcunchè dato che non vi sarebbe stata alcun pericolo di uscita, svalutazione e quindi perdita della percentuale di credito erogata. Portare un solo esempio potrebbe far rimanere qualcuno in allarme.
Vediamo la Grecia.


Stessa dinamica vista nel grafico Spagnolo. Anche in Grecia le banche avrebbero preferito prestare a Sotris invece che a Markus. I tassi di interesse ai privati erano decisamente maggiori (linea rossa ovviamente).

Tirando le conclusioni si può desumere da questi semplici dati che:
  1. La moneta unica non ha significa convergenza di tutti i tassi di interesse. Solo di quelli pubblici, mentre quelli privati, che sono una mole ingente di capitali, hanno continuato nel periodo 1999-2007 a transitare dai paesi del centro (Germania, Olanda, Finlandia) verso i paesi periferici (PIIGS), creando le condizioni per gli sconquassi che si sono verificati in seguito allo shock esterno non previsto della crisi dei subprime americana.
  2. L'euro non ha ridotto le opportunità di arbitraggio nell'erogazione del credito verso i privati.
  3. L'euro è servito ad eliminare il rischio delle oscillazioni del tasso di cambio e delle eventuali uscite dall'area valutaria (non ottimale in questo caso) per i paesi del centro che avevano fortissimi surplus nella bilancia commerciale, e che quindi dovevano impiegare tali risorse.

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